Il mostro è Genny soprannominato "a carogna" le cui sembianze hanno fatto il giro del mondo in occasione della finale di Coppa Italia. Per tutti è lui il mostro da cui difendersi, il cattivo che ha deciso di far disputare l'incontro; stiamo parlando, di fatto dell'uomo più potente d'Italia visto che allo stadio c'erano tutti, dal Presidente del Consiglio, a quello del Senato per finire al Prefetto e al Questore.
Sono arrivate le smentite da parte di tutte le autorità, ma per l'opinione pubblica e per la stampa la decisione di giocare l'ha presa il capo ultrà.
In tutta questa vicenda, si è perso di vista il vero mostro, colui che ha aperto il fuoco sparando sui tifosi che si recavano allo stadio. De Santis è sparito dalle cronache, non si sa dove sta, non si conoscono le sue condizioni di salute. La Questura, ieri ha fatto una ricostruzione inverosimile affermando che da solo l'ultrà giallorosso ha cominciato a tirare petardi e fumogeni contro i Napoletani che l'avrebbero braccato e inseguito. Raggiunto, temendo per la propria incolumità il De Santis avrebbe cominciato a sparare, utilizzando una pistola con matricola abrasa.
I mostri, quindi sono due: quello all'interno dello stadio che però non ha compiuto reati visto che non è indagato e l'altro che ha sparato a un ragazzo che probabilmente porterà sul proprio corpo per sempre i segni di tale violenza, sempre se riuscirà a sopravvivere.
Ma il vero mostro, quello nascosto, quello senza pubblicità è il calcio italiano.
Per anni le società calcistiche hanno accettato e incentivato al loro interno la presenza di questi pseudo tifosi.
All'inizio faceva comodo avere a disposizione un manipolo di "guerrieri" pronti a inneggiare e a sostenere la squadra anche nei momenti difficili. Il costo poi era irrisorio: qualche biglietto omaggio e un pò di soldi per le trasferte.
Il fenomeno si allarga, i gruppi si moltiplicano, aumentano le richieste di denaro. Qualche società vorrebbe tirarsi fuori, ma è troppo tardi; gli ultras minacciano ritorsioni, in fondo basta lanciare una bottiglietta, una bomba carta in campo, fare pressioni su qualche calciatore e i danni per le società sarebbero ben più gravi.
Non stiamo parlando dell'ultimo decennio, già negli anni 70 il Presidente dell'Inter Fraizzoli denunciava tale situazione.
Oggi gli Ultras sono una componente certificata del nostro calcio e diventa quindi normale una loro partecipazione ai vari processi decisionali. Basterà ricordare il veto degli ultras all'acquisto di giocatori indesiderati, a volte anche per questioni razziali, o l'atteggiamento che hanno avuto quest'anno nei confronti delle regole contro la discriminazione territoriale. Deliberatamente, infatti questi super tifosi hanno violato le norme a tutto danno delle società e di tifosi veri. Conseguenza di tutto ciò? Un inasprimento delle pene verrebbe da dire e invece no, probabile abolizione della norma.
Un'altra sconfitta per il movimento calcistico.
Non finisce qui. Come in una guerra questi gruppi di tifosi si alleano, si combattono, si danno appuntamenti e organizzano rese dei conti o agguati come è capitato lo scorso sabato. Tutto questo con lo Stato inerme, quasi come se la cosa non lo riguardasse. Il 3 maggio per la prima volta sono comparse le pistole e se non verranno prese decisioni forti non sarà l'ultima, perché ora si organizzeranno vendette e rappresaglie.