giovedì 26 giugno 2014

Quando le parole non dicono nulla


La morte di un giovane uomo colpisce sempre, ma la vicenda di Ciro Esposito sta avendo un impatto emotivo che va oltre la tragicità dell'evento.

Questa è una morte assurda, senza significato,  scaturita dal più abbietto dei motivi: la discriminazione.

Non giriamo intorno alla vicenda, la mano assassina è stata armata dall'odio.

Sono anni che assistiamo al propagarsi di una cultura becera e razzista che ha trovato fertile terreno negli ambienti degli stadi.

Non c'è stata partita del Napoli in cui non si siano sentiti cori spregevoli e quando la Federazione ha deciso che dovevano essere puniti ecco la puntuale ribellione delle società che hanno voluto introdurre correttivi pur di non vedersi chiudere lo stadio. E che dire delle imbelli giustificazioni di fronte a striscioni incommentabili giustificati come innocenti sfottò?

Chi doveva vigilare non lo ha fatto in nome dei soldi e dello spettacolo.

In questo scenario non potevano che aggirarsi attori folli e malati come quelli che hanno teso un agguato a un bus di Napoletani con all'interno donne e bambini. La successione degli eventi è ancora poco chiara, fatto sta che un giovane tifoso ha perso la vita.

Non ci sono parole, ma oggi le parole non servono. Da una parte, quella della famiglia e degli amici di Ciro, c'è il dolore incommensurabile, dall'altra parte quella delle autorità, ci devono essere i fatti.,

Si accertino al più presto le responsabilità dell'accaduto impegnando tutti gli uomini e i mezzi necessari, si sollevino dai propri ruoli le persone che non hanno ottemperato ai loro compiti in merito all'ordine pubblico, si emanino norme stringenti e severe che una volta per tutte cancellino i violenti dagli stadi.

Serve tutto questo affinché Ciro non venga ucciso due volte!