Era diventato il tormentone dell'estate da quando il Mattino aveva pubblicato la notizia delle notizie: Il Napoli trattava l'acquisto di Maradona.
Nacquero addirittura dei tg regionali che ogni giorno ci ragguagliavano sullo sviluppo della trattativa.
Una volta sembrava fatta, il giorno dopo una fumata nera e intanto i giorni passavano e si avvicinava il giorno della chiusura del mercato.
Il nemico di tutti napoletani era un certo Gaspart vice presidente del Barcellona, un osso duro che non voleva mollare Diego.
Ma il suo avversario era proprio Diego che ormai aveva deciso e come lui stesso ha raccontato non esitò, un giorno a distruggere la vetrina di una bacheca nella sede del Barca, gridando come un ossesso :"Yo quiero irme".
La squadra catalana che si vantava di non aver mai ceduto una stella di prima grandezza dovette cedere.
La decisione del Barca era giunta in extremis, per cui era difficile raggranellare su due piedi le garanzie bancarie necessarie all'affare, si susseguirono, quindi
riunioni febbrili, tra cui anche una domenicale del Consiglio di amministrazione del Banco di Napoli.
Poi il lieto fine,Maradona divenne un giocatore Azzurro.
Euforici, entusiasti e anche increduli noi tifosi del Napoli, volevamo toccare con mano, volevamo vedere l'asso argentino, consci che Diego sarebbe stato l'amuleto che avrebbe sconfitto il sortilegio che impediva agli Azzurri di vincere il tricolore.
Quante volte ci era sfuggito lo scudetto, quante volte sembrava già nelle nostre mani e poi svaniva per un nonnulla, l'ultima volta era accaduto tre anni prima, nel 1981.
Era il Napoli di Krol, la stagione quella del terremoto.
A 5 giornate dal termine primi in classifica a par punti con Roma e Juve, ma con due partite in casa consecutive contro il Perugia già retrocesso e la Fiorentina che nulla aveva da chiedere al campionato.
Anche allora accadde l'incredibile con la sconfitta casalinga col Perugia con un autogol al primo minuto e con la più incredibile serie di errori sotto porta che un incontro di calcio avesse mai visto.
Una fattura, un sortilegio che solo un mago venuto da lontano poteva esorcizzare.
Il giorno dell'incontro tra i Napoletani e il loro nuovo idolo venne fissato: il 5 luglio, il luogo: lo stadio San Paolo.
Per regolarizzare l'affllusso dei tifosi vennero emessi dei biglietti: mille lire le curve, duemila lire i distinti e tremila per le tribune. L'incasso venne devoluto in beneficenza.
Stadio stracolmo, in delirio,che non riusciva a smaltire la propria ansia nemmeno assistendo a una partitella della Primavera ( in cui giocò Ciro Ferrara).
Ecco che dalle scalette apparve lui, Diego, subito attorniato da un nugolo di fotografi e giornalisti, che impedivano a noi tifosi di vedere il Dio del calcio.
Da grande showman, Maradona si accorse che la festa si stava rovinando, per cui invitò tutti i reporter a sedersi( vedi la foto sopra).
Le immagini successive le hanno un pò tutti negli occhi, quei pochi palleggi e il pallone scagliato nel cielo.
Poi il giro di campo.
Vi posso assicurare che nemmeno il 10 maggio 1987, il giorno dello scudetto ho potuto osservare un simile coinvolgimento emotivo.
Ogni volta che Diego si avvicinava a un settore, una vera e propria onda umana si innalzava, travolgendo tutto e tutti.
Furono pochi minuti in verità, ma intensissimi, tanto che ne porto vivido il ricordo.
La storia successiva la conoscono tutti, ma fu in quel giorno, in quel 5 luglio, che fu scritto un patto, che si instaurò un legame tra lo scugnizzo argentino e il popolo di Napoli.
Un legame che ancora oggi resiste, anzi che si rafforza, tanto che ormai la storia sta già diventando leggenda.
Nacquero addirittura dei tg regionali che ogni giorno ci ragguagliavano sullo sviluppo della trattativa.
Una volta sembrava fatta, il giorno dopo una fumata nera e intanto i giorni passavano e si avvicinava il giorno della chiusura del mercato.
Il nemico di tutti napoletani era un certo Gaspart vice presidente del Barcellona, un osso duro che non voleva mollare Diego.
Ma il suo avversario era proprio Diego che ormai aveva deciso e come lui stesso ha raccontato non esitò, un giorno a distruggere la vetrina di una bacheca nella sede del Barca, gridando come un ossesso :"Yo quiero irme".
La squadra catalana che si vantava di non aver mai ceduto una stella di prima grandezza dovette cedere.
La decisione del Barca era giunta in extremis, per cui era difficile raggranellare su due piedi le garanzie bancarie necessarie all'affare, si susseguirono, quindi
riunioni febbrili, tra cui anche una domenicale del Consiglio di amministrazione del Banco di Napoli.
Poi il lieto fine,Maradona divenne un giocatore Azzurro.
Euforici, entusiasti e anche increduli noi tifosi del Napoli, volevamo toccare con mano, volevamo vedere l'asso argentino, consci che Diego sarebbe stato l'amuleto che avrebbe sconfitto il sortilegio che impediva agli Azzurri di vincere il tricolore.
Quante volte ci era sfuggito lo scudetto, quante volte sembrava già nelle nostre mani e poi svaniva per un nonnulla, l'ultima volta era accaduto tre anni prima, nel 1981.
Era il Napoli di Krol, la stagione quella del terremoto.
A 5 giornate dal termine primi in classifica a par punti con Roma e Juve, ma con due partite in casa consecutive contro il Perugia già retrocesso e la Fiorentina che nulla aveva da chiedere al campionato.
Anche allora accadde l'incredibile con la sconfitta casalinga col Perugia con un autogol al primo minuto e con la più incredibile serie di errori sotto porta che un incontro di calcio avesse mai visto.
Una fattura, un sortilegio che solo un mago venuto da lontano poteva esorcizzare.
Il giorno dell'incontro tra i Napoletani e il loro nuovo idolo venne fissato: il 5 luglio, il luogo: lo stadio San Paolo.
Per regolarizzare l'affllusso dei tifosi vennero emessi dei biglietti: mille lire le curve, duemila lire i distinti e tremila per le tribune. L'incasso venne devoluto in beneficenza.
Stadio stracolmo, in delirio,che non riusciva a smaltire la propria ansia nemmeno assistendo a una partitella della Primavera ( in cui giocò Ciro Ferrara).
Ecco che dalle scalette apparve lui, Diego, subito attorniato da un nugolo di fotografi e giornalisti, che impedivano a noi tifosi di vedere il Dio del calcio.
Da grande showman, Maradona si accorse che la festa si stava rovinando, per cui invitò tutti i reporter a sedersi( vedi la foto sopra).
Le immagini successive le hanno un pò tutti negli occhi, quei pochi palleggi e il pallone scagliato nel cielo.
Poi il giro di campo.
Vi posso assicurare che nemmeno il 10 maggio 1987, il giorno dello scudetto ho potuto osservare un simile coinvolgimento emotivo.
Ogni volta che Diego si avvicinava a un settore, una vera e propria onda umana si innalzava, travolgendo tutto e tutti.
Furono pochi minuti in verità, ma intensissimi, tanto che ne porto vivido il ricordo.
La storia successiva la conoscono tutti, ma fu in quel giorno, in quel 5 luglio, che fu scritto un patto, che si instaurò un legame tra lo scugnizzo argentino e il popolo di Napoli.
Un legame che ancora oggi resiste, anzi che si rafforza, tanto che ormai la storia sta già diventando leggenda.